Mario Cossali


Trascrizione della presentazione di Come uno Scialle da parte di Mario Cossali alla Cooperativa Libraria di Rovereto il 19 aprile1997.

Per parlare di queste poesie di Alberto Sighele vado un po' indietro nel tempo di qualche mese quando Alberto mi ha sottoposto un plico enorme di poesie che mi ha veramente spaventato perché non mi aspettavo che arrivasse questo messaggio da parte sua. Ed è già questo un fatto significativo : attraverso una amorevole però rigorosa selezione di testi si è arrivati ad una prima raccolta di poesie che adesso viene sottoposta al giudizio di tutti.
Come definire questa poesia? Si potrebbe definire attraverso il concetto di oscillazione continua tra eros e civitas, tra poesia civile e poesia erotica nel senso più pregnante del termine, parola innamorata, (come era intitolata una antologia di poeti contemporanei qualche anno fa) e poesia civile, un termine che si usa raramente. Oggi essere poeti civili nella storia della letteratura italiana è sinonimo di pesante e retorico. Oggi nel nostro secolo poeta civile verrebbe definito Franco Fortini... ma è difficile piegare la poesia alle ragioni della Res Pubblica, della politica, per usare un termine più comune, anche se è sempre urgente questo tema della poesia civile.
C'è addirittura nei testi di Alberto Sighele, tra poesia erotica e poesia civile, non solo una oscillazione ma uno scambio reciproco di natura spirituale prima ancora che linguistica. Uno scambio tra due anime, sostanzialmente erotica una, cioè l'anima che ama, e l'anima civile; nel senso che dentro questa poesia c'è la tematica del rapporto con l'altro come predominante, la tematica del rapporto con l'altro in tutti i sensi, direi in senso omnidimensionale, cioè: può essere amato un essere da me, un essere simile non può essere amato se non in una dimensione di amore totale per la natura, per la realtà, e per il contesto nel quale è inserito, e nello stesso tempo per essere protagonista della vita civile, non posso amare come si usa dire retoricamente la mia comunità, o la comunità del mondo, perché oggi si dice che il mondo è un villaggio, non posso comunque essere un protagonista erotico della politica, una volta si diceva idealista, (usiamo pure questi termini un poco più pesanti) cioè che fa la politica per passione e non per altri motivi, non posso essere un protagonista erotico della politica, se non sono anche un protagonista erotico nella mia vita individuale. Quindi c'è uno scambio tra eros individuale ed eros comunitario, collettivo.
Questa mi pare sia la dimensione fondamentale della poesia di Alberto Sighele. Evidentemente questo cammino è molto difficile, è un cammino di fronte al quale molti poeti si ritraggono. La maggioranza dei poeti preferisce parlare dall'interno del proprio rifugio, sul mondo, del mondo, magari parlando anche delle piccole cose, ma cercando sempre di visualizzare il mondo all'interno di una categoria : io e il mondo. Anche i grandi poeti, i più grandi come Montale, come Caproni, come Rebora che ha passato una stagione felice anche qui a Rovereto. Sono tutti poeti molto intensi, molto mistici, carichi di passione per la parola, passione per l'altro, ma evitano questa sintesi perché troppo pericolosa, tra individuale e eros civile. Potremmo intravedere questa sintesi nei poeti religiosi. Un poeta che ha percorso questa strada seppure evidentemente con concezioni del mondo diverse e soprattutto con una posizione personale diversa, oggi è stato David Maria Turoldo, il prete-poeta che forse più di tutti è riuscito ad unire la sua dimensione erotica personale che si sostanziava nella mistica e la dimensione erotica collettiva, cioè questo amore per la collettività : "Io non ho mani che accarezzino il volto..." Questo tentativo di David Maria Turoldo è abbastanza isolato, se si esclude appunto il tentativo di Fortini che però era molto legato all'epica resistenziale che difficilmente riuscirebbe a parlare ad un cuore e ad una mente giovane di oggi.
Questa oscillazione si muove concretamente in alcune coordinate storiche molto precise: la guerra del Golfo e di Bosnia dentro le quali la poesia di Alberto Sighele viaggia mettendo a rischio e a repentaglio la propria individualità e il proprio rapporto con la collettività non è che il percorso sia privo di infortuni sia chiaro. Essendo un percorso molto difficile, molto rischioso è un percorso dal quale non è assente qualche volta, ma poche volte per fortuna, ed è per questo che è importante parlare di questo libro, non è assente la retorica o la predicazione. Quando la poesia si fa discorso perde le proprie ragioni. Qualche volta anche Sighele cade in questo tranello.
Ma ho fatto anche i conti proprio poesia per poesia ed è una minoranza delle poesie presenti nella nostra raccolta. In cui pur essendoci grande passione c'è questo scivolone che poeticamente non è accettabile. Voglio insistere su questo lato negativo perché poesia evidentemente non è il dire le cose che normalmente diciamo in un altro linguaggio, ma è dire con parole particolari, con melodia e ritmo particolari, delle cose che normalmente non si riescono a dire. Questo è il segreto della poesia. Non è tanto rifare il discorso politico o il discorso ideale con altri termini, ma quello di dire cose diverse che non riusciamo assolutamente a pronunciare con le parole normali.
E comunque proprio su questo filone, di dire le cose non dette, Alberto Sighele riserva delle sorprese incredibili. Da questo punto di vista è veramente una novità nel panorama poetico non solo locale. E' una avventura che va seguita e sostenuta con molta convinzione la sua, perché ci sono veramente delle sorprese. Io non me lo aspettavo devo dire la verità. Le ho scoperte leggendo e rileggendo queste poesie.
Ci sono anche dei rimandi straordinari dal punto di vista letterario: 
"Improvvisa
 come il volo basso del piccione
 sopra le nostre teste

 l'intimità nostra
 riaffiora"
 questo è un testo montaliano straordinario che si ritrova difficilmente nella poesia che conosciamo a livello locale, provinciale e regionale; questa forza di comunicazione.
Direi che Alberto Sighele ha fatto un lavoro di scavo linguistico straordinario, (a parte quelle cadute di cui dicevo prima che mettiamo tra parentesi)... ha fatto un lavoro di scavo linguistico, depurando (chi ha scritto la prefazione ha detto bene) perché Alberto ha fatto un lavoro di spoliazione della lingua e degli eccessi, delle ridondanze.
Ci sono delle cose che mi hanno entusiasmato. C'è una forza narrativa nella sua poesia : "nella basilica di Grado avrei gradito un bacio " C'è una forza narrativa che usa molto l'alliterazione più che la rima ma anche la rima baciata e anche la rima alternata con una facilità che però dipende dallo sforzo che ha fatto di prendere via, di togliere, di denudare la poesia delle sue ridondanze e alla fine viene fuori questo gioco linguistico che è molto interessante, molto curioso emotivamente parlando. Ti prende... perché la poesia deve prendere, non credo alla poesia intellettuale nel senso del ragionamento perfetto, eburneo. La poesia deve andare al cuore. In fondo tutti i grandi poeti vanno lì, Leopardi e Montale. Si va sempre a finire lì, l'emozione. Che non è una cosa contraria alla ragione. Siamo sempre stati abituati dalle aule scolastiche a contrapporre il cuore alla ragione, niente di più falso, niente di più stupido.
Ungaretti, ecco Ungaretti che fa la sua apparizione, rivisitato da Sighele evidentemente "come è nudo quel nido
 come un cuore
 tra le costole dei ram
 così esposto"
 Pochissime parole. Pochissimi aggettivi. Un'altra cosa importante: fare senza di questi arricchimenti insistenti, tipici della poesia dilettante. C'è soltanto "nudo" ed "esposto", che è un participio passato. Questa è una poesia che vale la pena scolpire.
Ma venendo alla poesia civile ci sono delle cose molto riuscite. E' quella che è più difficile. La poesia più intimista, più erotica nel senso che dicevo prima, è più facile, passatemi il termine, è più facile da usare, come direbbe De Buono, invece la poesia civile è veramente un gran rebus, soprattutto per noi che siamo abituati ad un linguaggio della politica così burattinesco e ripetitivo. Ci sono alcune poesie di Alberto che val la pena di sottolineare, per esempio: "Eufrate. Eufrate vivo, Eufrate, morto, Eufrate vincitore". Anche questo refrain di tipo musicale è importante nella poesia di Sighele. Questo martellare senza concettualismi.
Poi mi è piaciuta moltissimo la poesia "tra le macerie" 
"ostinata come un gas
 la speranza riempirà d'aria
 gli interstizi tra le macerie"
 
anche qui non ci sono aggettivi. Questo è importantissimo da un punto di vista linguistico. Questa secondo me è poesia civile riuscita, senza retorica, senza ideologismi, tutta la sofferenza di quel periodo, di quel momento, del mondo. E nello steso tempo c'è dentro anche tutto questo sforzo di rigenerazione che è dentro il gesto d'amore: 
"amore è finita
 adesso piano
 possiamo ?"
 Anche questo è un ictus. L'amore tra le macerie è un topos della poesia, anche della poesia classica, ma è difficile renderlo nella nostra situazione così publicizzata, così gridata.
Ed ecco il rap del "il ritmo del canguro" e si potrebbe andare avanti per mezz'ora con la musica adeguata. Riesce benissimo ed è un rap proprio adeguato alla situazione, adeguato ai nostri desideri e senza assolutamente concessioni alla retorica di nessun genere e anche l'uso della rima sapiente, non ripetitivo.
Poi c'è il ritmo interno di queste poesie, che è una cosa diversa dalle rime. Per esempio : Conchiglia ha un ritmo interno interessante. Mi richiama una bella poesia di Montale. "Anna è la perla nella conchiglia
 scheggiata
 rigata di sabbia,
 per quanti difetti lei abbia,
 una meraviglia"
 Ecco una piccola poesia che vale tutta la raccolta. Anna è la perla nella conchiglia scheggiata, si rompe il ritmo, rigata di sabbia, se ne inaugura uno nuovo, per quanti difetti lei abbia, una meraviglia, si ricollega all'inizio. Questo ritmo interno è anche molto importante dal punto di vista della ricerca linguistica.
Poi ancora una poesia molto bella che si può leggere come narrazione...Vengono in mente un poeta come Giancarlo Maiorino, lo stesso Caproni quando parla dei suoi amori perduti durante la seconda guerra mondiale. Però c'è una originalità di linguaggio in Alberto Sighele, non c'è nessuna scopiazzatura. "già andata":
"con la coda dello scoiattolo
 appesa al filo
 scendo di ramo in ramo ..."
Anche questa è una poesia d'amore ma con una ricchezza ! Molte poesie d'amore sono scontatissime, non queste. Questa figura del pellicano poi è una figura che mi intriga tantissimo perché deriva da un salmo. Il pellicano è famoso nella mitologia perché quando non ha più niente da mangiare si morde e dà da mangiare del proprio sangue e della propria carne ai piccoli e poi muore. C'è un salmo della bibbia che dice : factus sum pellicanus, riferendosi alla figura di Cristo evidentemente interpretata dal profeta. E' il massimo del gesto d'amore : il pellicano si prende dal suo ventre il nutrimento e poi muore "e nell'unico boccone del pellicano" l'unico perché poi è finita, 
"inghiottirò il dolore
 tu mi dirai, amore
 piano
deglutisci piano."

Un'altra poesia splendida per la rima alternata, cosa difficile al giorno d'oggi. Le rime stanno tornando, come nella pittura sta tornando la figura. Guardate che strane coincidenze: dopo il periodo dell'informale, dell'astrattismo, nella poesia sta tornando la rima. Abbiamo avuto qua alcuni giorni fa la splendida presenza di Vivian Lamarque che ha costruita proprio tutta sua poesia sulla rima baciata. La rima intesa come sforzo di costrizione interiore del poeta per far obbedire la lingua al proprio ritmo interiore, non abbandonandosi al ragionamento al concetto, ma utilizzando tutti i misteri della lingua per esprimere l'emozione. 
"ho visto un pettirosso

 ho pensato quanto sangue
 oltre l'Adriatico
 si portano addosso

 troppo a lungo
 un pensiero rimosso."
 
Brevissima ed efficace.
E poi ce ne sono tante altre poesie che adesso non vi posso leggere, però non posso esimermi dal leggervi quattro poesie d'amore che sono "gelosia" "fiocco" "come uno scialle" e "caffè". Queste sono brevissime e mi hanno colpito per la loro efficacia di comunicazione.
"Gelosia" è bello perchè c'è anche una sottile ironia in queste appassionate brevi poesie di Alberto Sighele. "Fiocco" è ancora più originale dal punto di vista delle figure che inventa. La poesia è importante perché riesce ad inventare delle figure e attraverso le figure riusciamo a capire quello che non riusciamo ad esprimere con il linguaggio quotidiano. Chiudiamo con "scialle" e "caffè". Io sono molto amante del caffè. "Caffè" mi pare veramente geniale il modo di risolverla, non solo dal punto di vista metrico, ma anche dal punto di vista dell'immagine. Poteva essere una baggianata questa storia del caffè, invece si è risolta in un gioco di parole con una forza di comunicazione straordinaria.
In generale comunque mi pare che questa poesia sia una poesia che fa pensare. Io ho cercato anche di leggerla in tono divertito, però ci fa pensare, perché ci fa riscoprire in fin dei conti l'autenticità di tanti momenti che la nostra vita abbandona, reifica, lascia perdere. Anche momenti banali sono invece momenti sacrali. Sono sacri i momenti del caffè, come quelli in cui ci diamo da fare per evitare l'Eufrate insanguinato. C'è una sacralità della vita dentro questi versi che va ribadita e sottolineata, ed è questo in fin dei conti che sintetizza quell'oscillazione tra il civile e l'erotico che ho cercato di descrivere prima.

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